domenica 8 marzo 2015
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Io
Il bianco e il nero. Il nero. Lo scarlatto, il rosso primario e il blu di Parigi, il viola. Il verde cobalto e l’ocra rossa. Il grigio piombo. Il grigio perla, il verde muschio e il verde veronese. L’indaco, l’indaco, l’indaco.
Il giallo di Napoli, il bruno Van Dyck, l’amaranto e il malva. Il giallo Senegal,il ruggine, il verde bottiglia. Il sabbia. Il verde oliva. E il viola ritorna,chi lo può fermare. E la iattura.
L’insalata e la girandola. Il sogno ad occhi aperti e quello ad occhi chiusi. Il guazzabuglio, l’incubo e il coltello a serramanico. La confusione. E le parole e gli sputi e gli scoppi.
E i gesti, e i guasti ripetuti e ossessivi.
Della follia il rumore, la voce e il nettare. Calcinacci di vita, un gioco a non distinguere, un muto domandare, un tentativo di peggiorare e confondere volutamente. Uno scucire e non ricucire: Un vomitare. La festa di compleanno dei contrari e dei reietti.
Paranoico amore sì, sanguinario e allegro, sgangherata morte e noia. Muffe, escrescenze curiose, interiora e bugie. Magie.
E l’insonnia e il fango e di seguito il fuoco. E l‘acqua sporca e il rantolo e la festa. Questo uomo ha tante facce, ha anima di belva, è cattiveria sublime, è aquila e rettile. E’ lupo, è ragno e squalo. E’inoltre pipistrello. E’ piranha e maiale e tartaruga. E’ il sogno feroce della viltà e della rivincita. E’ il traditore, è la voragine. E’ il Cristo. E’ l’eco della maledizione. E’ il Vudù.
La possibilità, il canto della solitudine, della disperazione l’ebbrezza. E’ una ferita che non è possibile rimarginare, è il dispetto e la ferocia di un bambino, è di se stesso la tenerezza. Un vuoto a perdere, l’amore che abbraccia tutto, anche la morte.
Il blu pavone, il blu cobalto, il seppia, il prugna, il terra d’ombra bruciata, il grigio fumo, il lacca solforino. Sempre il viola un’altra volta.
Questo sono io.
Il giallo di Napoli, il bruno Van Dyck, l’amaranto e il malva. Il giallo Senegal,il ruggine, il verde bottiglia. Il sabbia. Il verde oliva. E il viola ritorna,chi lo può fermare. E la iattura.
L’insalata e la girandola. Il sogno ad occhi aperti e quello ad occhi chiusi. Il guazzabuglio, l’incubo e il coltello a serramanico. La confusione. E le parole e gli sputi e gli scoppi.
E i gesti, e i guasti ripetuti e ossessivi.
Della follia il rumore, la voce e il nettare. Calcinacci di vita, un gioco a non distinguere, un muto domandare, un tentativo di peggiorare e confondere volutamente. Uno scucire e non ricucire: Un vomitare. La festa di compleanno dei contrari e dei reietti.
Paranoico amore sì, sanguinario e allegro, sgangherata morte e noia. Muffe, escrescenze curiose, interiora e bugie. Magie.
E l’insonnia e il fango e di seguito il fuoco. E l‘acqua sporca e il rantolo e la festa. Questo uomo ha tante facce, ha anima di belva, è cattiveria sublime, è aquila e rettile. E’ lupo, è ragno e squalo. E’inoltre pipistrello. E’ piranha e maiale e tartaruga. E’ il sogno feroce della viltà e della rivincita. E’ il traditore, è la voragine. E’ il Cristo. E’ l’eco della maledizione. E’ il Vudù.
La possibilità, il canto della solitudine, della disperazione l’ebbrezza. E’ una ferita che non è possibile rimarginare, è il dispetto e la ferocia di un bambino, è di se stesso la tenerezza. Un vuoto a perdere, l’amore che abbraccia tutto, anche la morte.
Il blu pavone, il blu cobalto, il seppia, il prugna, il terra d’ombra bruciata, il grigio fumo, il lacca solforino. Sempre il viola un’altra volta.
Questo sono io.
Incertezze
Incertezze
Credo in che cosa? Mi dirigo dove? Mi volto in dietro oppure procedo dritto in avanti? Mi invento. Che cosa non dico? Correre, quando e perché? Penso bene e più volte al giorno, respiro oppure no? Me ne frego della della morte e anche del prossimo mio? Baipasso. Non indago. Rubo oppure no? Allora fotografo, mi succhio un segreto dopo l’altro? Sotto la doccia canto o bestemmio? Sogno e continuo. Quali gesti e quando? Quali colori e quando?Quanti passi? Quanta disperazione, diluita, frazionata o ingoiata tutta in una sola volta. Fotografo.
Uccidersi oppure mettersi a dormire? Rimandare, posticipare, evitare, non badare a…Scegliere di no, scegliere un’altra volta. Non rivangare. Sapere di non riuscire a sapere. Collocarsi su di un’approssimativa linea di galleggiamento…solamente guardare, nel paradiso del non dire, di non comprendere affatto. Fotografare? Dichiarasi miope, a mezza voce,forse, se mai neutrale, inconsistente, insapore. Cosmico e basta, inaffidabile, senza altre necessarie spiegazioni, cosmico e inconsapevole, astratto e inconcludente.Forse con appena una vaga idea delle forme nemiche, con un confuso ricordo dell’aspro sapore.Mai con la propria ombra.
Naufrago fra spigoli ed angoli, perso nel concetto e nel peso specifico delle mie ragioni molli e puzzolenti, in balia di oleosi significati galleggianti. Scegliere un linguaggio improvviso, dunque farsi guidare da un lampo, una pennellata di colore, all’improvviso aggrapparsi ad un qualsiasi segno. E non dormirci poi dopo e subito dopo smascherare l’inganno e rimettersi alla prova di nuovo.
Fotografare, fare e continuamente rifare, sbagliare volutamente, autoingannarsi, dubitare di me e di te.
Credo in che cosa? Mi dirigo dove? Mi volto in dietro oppure procedo dritto in avanti? Mi invento. Che cosa non dico? Correre, quando e perché? Penso bene e più volte al giorno, respiro oppure no? Me ne frego della della morte e anche del prossimo mio? Baipasso. Non indago. Rubo oppure no? Allora fotografo, mi succhio un segreto dopo l’altro? Sotto la doccia canto o bestemmio? Sogno e continuo. Quali gesti e quando? Quali colori e quando?Quanti passi? Quanta disperazione, diluita, frazionata o ingoiata tutta in una sola volta. Fotografo.
Uccidersi oppure mettersi a dormire? Rimandare, posticipare, evitare, non badare a…Scegliere di no, scegliere un’altra volta. Non rivangare. Sapere di non riuscire a sapere. Collocarsi su di un’approssimativa linea di galleggiamento…solamente guardare, nel paradiso del non dire, di non comprendere affatto. Fotografare? Dichiarasi miope, a mezza voce,forse, se mai neutrale, inconsistente, insapore. Cosmico e basta, inaffidabile, senza altre necessarie spiegazioni, cosmico e inconsapevole, astratto e inconcludente.Forse con appena una vaga idea delle forme nemiche, con un confuso ricordo dell’aspro sapore.Mai con la propria ombra.
Naufrago fra spigoli ed angoli, perso nel concetto e nel peso specifico delle mie ragioni molli e puzzolenti, in balia di oleosi significati galleggianti. Scegliere un linguaggio improvviso, dunque farsi guidare da un lampo, una pennellata di colore, all’improvviso aggrapparsi ad un qualsiasi segno. E non dormirci poi dopo e subito dopo smascherare l’inganno e rimettersi alla prova di nuovo.
Fotografare, fare e continuamente rifare, sbagliare volutamente, autoingannarsi, dubitare di me e di te.
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